venerdì 3 settembre 2010

unconventional

"Tu non lo sai.  Tu non lo sai cos'è che penso quando mi parli. Ti guardo, ti ascolto. Ma non è tutto. Penso alle parole che pronunci. Le vedo uscire dalla tua bocca. E io le afferro come un naufrago a cui tendi una cima. Mi aggrappo alle tue parole, che escono a fiumi. Entro nella tua bocca e risalgo contro-corrente, fin su al tuo cervello. Tu continui a parlare e io ti ascolto. Ma certe cose non le immagini. Non immagini che, mentre pieno di te parli della tua vita a tenui nuaces, mi accomodo sulle morbide pieghe del tuo cervello. E mi accendo pure una sigaretta. Non smetto mai di ascoltarti. Parli di te e penso a come sei stato concepito. Parli del tuo lavoro e penso a cosa possa pensare di te il tuo capo. Mi spieghi cosa non ti piace di te e penso che tante volte ho avuto paura che lo specchio mentisse a me. A me, poi.    Sono sempre concentrato su quello che dici. Tutto è evocativo per me. Tutto. Anche le virgole. Ma arrivo ad un punto, un punto in cui perdo la scia delle tue parole, parto per la tangente e vedo una mano tesa davanti a me. Mi allontano dal senno per acchiappare la mano, ma quando sto per sfiorarla e sento che vuole tirarmi a se, torno giù. Alle tue parole."

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